domenica 6 ottobre 2013

La fatica neuromuscolare: teoria e applicazioni pratiche.

Protocollo Ministeriale 10

La fatica neuromuscolare: teoria e applicazioni pratiche.

Tra tutti gli aspetti della fisiologia neuromuscolare legata all'allenamento quello che rimane avvolto in un alone di mistero è la fatica.
Chiunque si alleni in con un'intensità decente ne conosce gli effetti sul sistema neuromuscolare ma in cosa consiste la fatica? Secondo Stuart ed Enoka, sottosegretari del Ministero, la fatica neuromuscolare è definita come un acuto decadimento della performance che include sia un incremento della percezione dello sforzo necessario per erogare forza e sia un eventuale abbassamento nella produzione di forza.

Vista la complessità del fenomeno andremo ad analizzare la fatica basandoci su alcuni importanti studi fatti da Enoka, Stuart Zatsiorsky, Duchateau e Todd. Nella parte finale del dispaccio ci sarà una sessione dedica ai metodi pratici per rilevare la fatica del SNC in tempo reale.

Per molto tempo si è pensato che la fatica avesse due origini distinte: una muscolare (periferica) ed una centrale (neurale), fisiologicamente questa divisione netta non esiste perché le alterazioni che coinvolgono una struttura vanno ad influenzare anche l'altra, ad esempio quando un muscolo si affatica ed altera il suo stato metabolico e l'efficienza meccanica il sistema nervoso reagisce di conseguenza grazie alle informazioni inviate dal feedback afferente (le informazioni che i neuroni inviano dal muscolo al SNC).

Il meccanismo di feedback muscolare che informa il cervello dell'insorgere della fatica è affidato ai gruppi di fibre afferenti III (fibre mieliniche di piccole o medie dimensioni) e gruppo IV (fibre amieliniche), tale meccanismo è attivato dai metaboliti della contrazione muscolare (Duchateau, Hainaut. 1993) e ha come effetto l'abbassamento della frequenza delle scariche provenienti dal SNC.

In uno studio del 2006 Martin e colleghi hanno visto che il meccanismo di feedback neuromuscolare opera in maniera diversa a seconda del muscolo preso in esame. Nel loro studio tale feedback veniva stimolato sia nel tricipite brachiale che nel bicipite brachiale con il risultato che, mentre nel primo gruppo muscolare l'ampiezza di scarica diminuiva, nel secondo andava ad aumentare. Preso in considerazione questo studio possiamo dire che la fatica viene gestita dal SNC con strategie che originano dalle connessioni centrali tra muscoli e nei vari gruppi di motoneuroni.

La fatica si manifesta quando i processi fisiologici che permettono alle proteine contrattili di generare forza sono compromessi, questo implica che la fatica è movimento specifica e non esiste una singola causa che la scateni.
La fatica neuromuscolare si manifesta diversamente a seconda del sesso (le donne si affaticano meno degli uomini negli sforzi submassimali)e dell'età (i soggetti giovani sostengono sforzi massimali più a lungo rispetto agli anziani, ed in contrasto i soggetti anziani si affaticano meno dei giovani nell'esecuzione di sforzi submassimali). Alcuni ricercatori hanno evidenziato le cause di queste differenze risiedono, per i giovani, nel meccanismo di accoppiamento\disaccopiamento Ca+ dipendente, e nel caso degli anziani una compromissione nella propagazione neuromuscolare. La minore affaticabilità delle donne deriva dal fatto che queste ultime attivano meno massa degli uomini (più massa viene attivata maggiore è la pressione intramuscolare e, di conseguenza, di occlusione dei vasi sanguigni) e fanno meno affidamento sul metabolismo glicolitico (Russ et al. 2005).

Una delle cause maggiori dell'insorgere della fatica in contrazioni con % di RM molto alte è il declino del grado di attivazione volontaria dei muscoli, questo declino ha origine nell'area motoria ed è stato evidenziato grazie all'impiego della stimolazione magnetica transcranica (Todd, Taylor, Gandevia. 2003).

L'insorgere della fatica inoltre riflette anche la popolazione di fibre di un muscolo è composto, un muscolo a maggioranza di fibre rosse sarà meno affaticabile nei compiti che richiedono uno sforzo submassimale.
Nella descrizione della fatica data dai sottosegretari rientra anche il meccanismo di protezione dato dal riflesso da stiramento e dal controllo operato dai interneuroni inibitori (Renshaw e affini) la cui azione è descritta nel dispaccio sul sistema nervoso.

Una delle cause della fatica è ricercabile anche nella giunzione neurmuscolare prevenendo  la trasmissione dell'impulso neurale alla membrana della fibra muscolare. Questo meccanismo di fatica coinvolge uno o più processi:

  • La riduzione nella produzione di Acetilcolina (ACh), il neurotrasmettitore che invia l'impulso di contrazione dal nervo al muscolo.
  • L'enzima che degrada l'ACh (il Colinesterase) diventa iperattivo evitando una concentrazione sufficiente di ACh per stimolare un impulso.
  • Il Colinesterase può divenire ipoattivo permettendo l'accumulo di ACh  inibendo il rilassamento.
  • La membrana muscolare, in seguito ad una attivazione prolungata, può sviluppare un soglia di attivazione più alta.
  • Alcune sostanze occupano i recettori dell' ACh senza stimolare la membrana.
  • La deplezione di potassio diminuisce il potenziale di membrana della metà rispetto a quello che si ha in riposo.
  • Accumulo di calcio nel reticolo sarcoplasmatico in seguito a bassa disponibilità di PCr.
Molte di queste cause sono associate a casi patologici di Miastenia Gravis, ma possono essere presenti anche in stati non patologici di fatica neuromuscolare.

Forza per sopravvivere

Come abbiamo affermato precedentemente è molto difficile discriminare sia la fatica periferica da quella centrale che la fatica muscolare da quella del sistema nervoso perché i due sistemi sono influenzati a vicenda.
Basandoci su quello che è stato illustrato sopra è chiaro che l'affaticamento è compito-specifica, ovvero che dipende in gran parte dalle catene cinetiche e dalle vie neurali che si stanno impiegando in quel dato momento.
Lieber e colleghi hanno evidenziato che la capacità di sostenere contrazioni per lungo tempo cambia da muscolo a muscolo, per esempio i flessori del polso risultano molto più forti e resistenti degli estensori del polso, questa particolarità aumenta l'efficienza della forza della presa dalla quale è sempre dipesa la sopravvivenza dell'uomo.

Meccanismi di ridondanza

Rimanendo in tema di meccanismi di sopravvivenza Zatsiorsky e colleghi hanno evidenziato in uno studio del 2010 che in caso di affaticamento marcato di muscoli molto importanti come i flessori delle dita il SNC mette in atto tutta una serie di meccanismi in grado di portare comunque avanti il compito, questa resilienza dell'organismo è stata definita come Configurazione Referente (RC). L'RC consiste in uno stato di equilibrio in cui tutti i muscoli del corpo sono in uno stato di non attivazione (zero activation level), qualsiasi forza esterna (gravità, resistenze solide) ed interna (forma delle articolazioni, biomeccanica) porta ad una reazione del SNC il quale mette in atto strategie seguendo un ipotetica gerarchia composta da set di istruzioni superiori che operano su elementi periferici al fine di stabilizzare la performance.
Un esempio molto blando di RC ce lo da lo studio di Hunter, Critchlow e Enoka del 2004: durante sforzi prolungati si è visto che l'attività elettromiografica (monitoraggio dell'attività elettrica del muscolo)  ha dei picchi, questi picchi sono dovuti al reclutamento transitorio di altre unità motorie per permettere il mantenimento del compito.

Dalla teoria alla pratica. A scuola dai Russi

Nel 1961 il coach Dyachkov sviluppò un metodo molto semplice per tenere sotto controllo lo stato di affaticamento del SNC: testare la forza della presa.
Dyachokov testava giornalmente la presa del suo atleta di punta (Valery Brumel, saltatore) e quando risultava più forte del solito somministrava al suo pupillo allenamenti molto intensi, al termine della sessione massacrante la forza della presa subiva un forte calo. Dopo qualche giorno la tensione generata dalla mano tornava a salire allora il coach programmava un'allenamento più leggero del precedente andando di nuovo a sopprimere la forza della presa.

La gestione della fatica del SNC è sempre stato l'elemento più importante nella pianificazione degli allenamenti per i coach dell'Ex Unione Sovietica.

Naturalmente la forza della presa non è l'unico test che possiamo somministrare ai nostri atleti, di seguito mostriamo tutti i test usati qui al Ministero Della Forza:
  • la forza della presa: il coach Ozolin ci consiglia l'uso di un dinamometro a mano (reperibile su Ebay) si esegue il test in condizioni standardizzate (stessa mano, stessa ora del giorno e con stessa postura) e di riposo quasi tutti i giorni. Indaga sull'ampiezza di scarica dei neuroni
  • Tapping digitale o podalico: ci sono applicazioni per i dispositivi touch screen che non fanno altro che contare il numero di "tocchi" fatti in 5 o 10 secondi. Stesso protocollo del precedente, 2/3 test a settimana per vedere lo stato della frequenza di scarica del SNC
  • Salto verticale: misurare l'altezza del salto verticale previo massimale. Questo test richiede sia un'attrezzatura costosa (pedana di bosco, dimenticatevi in Sargent test) che una buona conoscenza del movimento di salto da parte del soggetto (al fine di standardizzare tutte le variabili).

Naturalmente il singolo valore di ognuno di questi test potrà dirci ben poco sullo stato del nostro sistema nervoso, tutto dovrà essere riassunto su un bel foglio excel per poterne monitorare l'andamento a medio termine. 

Un allenamento ben portato a termine influirà sulla forza della presa di 1 o 2 kg, un decremento più alto indica un eccessivo carico di lavoro, un recupero insufficiente, un sistema nervoso affaticato o l'entrata in una fase precoce di sovrallenamento.

Possiamo sfruttare queste fluttuazioni del SNC per indurre un picco proprio nel giorno di gara. Si è visto che i picchi di performance del SNC possono essere indotti per 5/7 giorni consecutivi con carichi all'85-90% e volume molto basso. Naturalmente andare oltre i 7 giorni potrebbe indurre un "burnout" del sistema nervoso, condizione da evitare assolutamente.

Naturalmente se lo sport praticato richiede proprio la forza della presa questo valore non risulta affidabile e perciò ci dobbiamo affidare ad altri test (tapping o salto verticale).

Saggezza rossa.

Pavel Tsatsouline, citando il gotha della scienza sovietica, ci viene in aiuto con una lista di "to-do" prima di una competizione importante.
  1. Non riposare per più di 24 ore prima di una gara (cercare il picco e mantenerlo come descritto 2 paragrafi sopra)
  2. fare un riscaldamento specifico nelle 24 ore precedenti la gara.
  3. sempre nelle 24 ore precedenti la gara fare un allenamento leggero al 70-80%.
  4. La forza della presa / eccitamento del SNC aumenta fino a 2 / 3 giorni dall'arrivo nella città/stato di gara. Viaggiare aumenta l'eccitazione del sistema nervoso.
  5. Gli stati d'animo influiscono sulla forza della presa e può durare alcuni giorni. Ozolin dice: alla fine è l'atleta ed il suo modo di interpretare gli eventi (decisioni, pensieri) che altera il livello di eccitazione del SNC.
  6. Non allenarsi duro dopo una competizione persa, solo allenamenti leggeri per alcuni giorni.
  7. stati di eccitazione notturna pre gara (notte insonne il giorno prima della competizione) creano uno stato di eccitazione positiva per la perfomance, naturalmente se lo stato di insonnia diventa cronica la compromissione della perfomance risulterà grave.
Naturalmente la ricerca dell'eccitabilità massima prima di una gara è molto utile negli sport del "tutto subito fuori" come weightlifting, powerlifting, discipline di corsa a brevi distanze e salti ma da evitare assolutamente in sport dove è importante dosare le energie come il girevoy sport (kettlebell), maratone e sport di endurance vari.

La manipolazione dell'eccitabilità del SNC è tenuta di gran conto da moltissime autorità dello sport mondiale come Bondarchuk, Sheiko, Issurin e il più volte citato Ozolin.

Monitorare la fatica con markers metabolici

Secondo Viru e Zhimkin (1975) separano il concetto di fatica da quello di esaurimento dando vita alla "teoria della difesa", tale teoria ha come cardini i seguenti punti.
  •  il corpo non utilizza tutte le sue riserve di energia
  • l'uso di queste "riserve estreme" è protetto da una speciale barriera profondamente connessa con i processi della fatica.
  • la fatica precede l'esaurimento delle riserve di energia del corpo e pone fine al lavoro prima che un grave esaurimento si manifesti.
La funzione della fatica neuromuscolare è quella di evitare una deplezione totale delle riserve di energia nelle cellule e nel corpo. Il ruolo protettivo della fatica è compiuto grazie a 3 tipi di reazioni difensive:
  1. L'influenza sul lavoro della sensazione di stanchezza.
  2. Disconessione parziale dal muscolo dei motoneuroni grazie all'inibizione protettiva dei nervi o cambiamenti nella cellula muscolare.
  3. Inibizione dei meccanismi di mobilitazione di risorse metaboliche (Viru 1975)

L'azione di questa funzione protettiva è organizzata a livello centrale dove vengono attuati cambiamenti nelle funzioni regolative che inibiscono la mobilitazione alterando la funzione dei neuroni serotoninergici presenti nell'ippocampo.
Questi neuroni sono noti per causare l'inibizione della secrezione ipotalamica di corticoliberina. La conseguente attività ridotta delle ghiandole surrenali limita l'azione catabolica dei glucocorticoidi (es: cortisolo) durante gli esercizi prolungati, simultaneamente decresce anche la secrezione di adrenalina (Matlina 1978) e, di conseguenza,  viene ridotta la glicogenolisi nel tessuto muscolare e la lipolisi nelle cellule adipose. Tale cascata di eventi porta all'insorgere della fatica anche per mancata di nutrienti presenti nel sangue.

Secondo Viru, un possibile marker metabolico della fatica periferica lo troviamo nei livelli di ione potassio (K+) nel sangue, l'incremento di questo ione nel sangue è la conseguenza dell'aumento di acqua nel muscolo e ciò disturba il funzionamento della pompa sodio-potassio (Na+-K+) responsabile della  ridotta eccitazione della membrana post-sinaptica (muscolare).
Altri markers della fatica che si possono trovare nel sangue sono: Urea, ammonica, lattato, creatin kinase, ipoglicemia e abbassamento del Ph sanguigno.

Uno dei principali protagonisti della fatica neuromuscolare rimane l'abbassamento della secrezione di corticosteroidi (Burgard. 1961; Viru, 1977; Kassil, 1978). In molti studi si è monitorata la risposta ormonale alla fatica: dopo un esercizio aerobico di durata media aumenta la concentrazione di corticosteroidi e ormone della crescita mentre il testosterone non subisce alterazioni. Differenze sostanziali si avvertono dopo un allenamento aerobico strenuo dove la concetrazione di glucocorticoidi decade ed insorge la fatica. Da questo ne possiamo dedurre che la fatica insorge anche per l'alterazione dell'asse Ipotalamo-Surrene.

Monitorare questi valori è fondamentale all'interno della programmazione perché ci da un ottimo feedback sulla reazione dell'atleta, questo rientra nella "programmazione cibernetica" discussa nel protocollo ministeriali sulla programmazione.

Quando si parla di "affaticamento del SNC" le cause non vanno cercate solo a livello centrale ma, come abbiamo visto all'inizio del post, anche a livello periferico, quindi, per ottenere il massimo dal nostro sistema nervoso, è fondamentale non solo gestire l'intensità ed il volume delle sedute allenanti ma anche l'alimentazione e gli stati d'animo.

Bibliografia.
  • Neurobiology of muscle fatigue.Enoka RM, Stuart DG.J Appl Physiol (1985). 1992 May;72(5):1631-48.
  • The neurobiology of muscle fatigue: 15 years later.Benjamin K. Barry and Roger M. Enoka.Department of Integrative Physiology, University of Colorado at Boulder, CO, 80309-0354, USA.
  • Muscle fatigue: what, why and how it influences muscle function.Roger M Enoka and Jacques Duchateau.J Physiol. 2008 January 1; 586(Pt 1): 11–23.Published online 2007 August 16.
  • Easy Strength.Pavel Tsatsouline, Dan JohnDragon Door Publishing, 2012
  • Measurement of voluntary activation of fresh and fatigued human muscles using transcranial magnetic stimulation.Gabrielle Todd, Janet L Taylor and S C GandeviaPrince of Wales Medical Research Institute and the University of New South Wales Sydney 2031, Australia.
  • Influence of aging on sex differences in muscle fatigability.Sandra K. Hunter, Ashley Critchlow, and Roger M. Enoka.Exercise Science, Department of Physical Therapy, Marquette University, Milwaukee, Wisconsin 53201; and Department of Integrative Physiology, University of Colorado at Boulder, Boulder, Colorado 80309.
  • Unilateral grip fatigue reduces short interval intracortical inhibition in ipsilateral primary motor cortex.Takahashi K, Maruyama A, Maeda M, Etoh S, Hirakoba K, Kawahira K, Rothwell JC.Clin Neurophysiol. 2009 Jan;120(1):198-203. doi: 10.1016/j.clinph.2008.10.003. Epub 2008 Nov 22.
  • Post-exercise depression in corticomotor excitability after dynamic movement: a general property of fatiguing and non-fatiguing exercise.Teo WP, Rodrigues JP, Mastaglia FL, Thickbroom GW.Exp Brain Res. 2012 Jan;216(1):41-9. doi: 10.1007/s00221-011-2906-6. Epub 2011 Oct 29.
  • Decreased activation in the primary motor cortex area during middle-intensity hand grip exercise to exhaustion in athlete and nonathlete participants.Shibuya K, Kuboyama N.Percept Mot Skills. 2010 Aug;111(1):19-30.

mercoledì 21 agosto 2013

Il sistema nervoso e l'esercizio fisico: alla corte del re. Parte Seconda

Protocollo Ministeriale 9/bis

Il sistema nervoso e l'esercizio fisico: alla corte del re. Parte Seconda

Qui al ministero crediamo fortemente che gran parte degli adattamenti più importanti nello sviluppo della forza siano ad opera del sistema nervoso centrale e periferico. In questi mesi il Ministro ha trovato alcune reviews molto interessanti sia a supporto di questa tesi e sia su come l'attività fisica abbia effetti benefici sulla salute del cervello umano.

Lo studio delle dinamiche che coinvolgono l'apparato centrale ha portato a delle conclusioni che, in parte, vanno a scardinare alcuni concetti sugli adattamenti del SNC all'esercizio fisico ritenuti fondamentali senza avere nessun riscontro in letteratura (nel migliore dei casi) o (nel peggiore) risultando errati.

Gli adattamenti neurali sono particolarmente evidenti durante le fasi iniziali dell'allenamento, sebbene una sintesi proteica maggiorata è presente sin dal primo allenamento in assoluto, l'ipertrofia muscolare non si manifesta fino all'ottava settimana di allenamenti consecutivi. Durante queste 8 settimane però avvengono sostanziali aumenti di forza, tale adattamento suggerisce che siano i fattori neurali a svolgere un ruolo importante nell'aumento di prestazione.

Quali sono i meccanismi neurali che intervengono nell'incremento della forza?

Reclutamento delle unità motorie e frequenza di scarica

La forza che un muscolo è in grado di esprimere dipende dalla quantità di unità motorie attive (reclutamento) e dalla frequenza con la quale i motoneuroni scaricano i potenziali d'azione (frequenza di scarica). Il contributo relativo di queste due proprietà alla forza totale che il muscolo esercita varia a seconda dell'intensità e della durata della contrazione, il limite massimo di reclutamento per le unità motorie è all'incirca dell' 85% della massima forza espressa volontariamente.

L'incremento della forza oltre questa soglia di reclutamento avviene grazie all'aumento della frequenza e all'ampiezza di scarica.

La forza assoluta con cui un'unità motoria viene reclutata non ha un valore fisso ma cambia in base alla velocità e al tipo di contrazione muscolare, nel muscolo tibiale anteriore si è visto che la soglia di reclutamento si abbassa con l'alzarsi della frequenza di sviluppo della forza (Rate of Force Development).

Da qui si deduce che le unità motorie vengono attivate 3 volte prima nelle contrazioni più rapide rispetto alle contrazioni progressive (Desmedt, Godaux. 1977). Grazie a questo effetto (più evidente nei muscoli a maggioranza di fibre lente come il soleo rispetto a muscoli con maggioranza di fibre veloci es: massetere) è possibile reclutare gran parte delle unità motorie con un carico del 33% del massimale (Desmedt, Godaux. 1978).

Esiste una relazione sigmoidale tra la frequenza di scarica e la forza esercitata da un muscolo. La frequenza minima a cui il motoneurone scarica potenziali d'azione durante contrazioni volontarie è di 5-8 pulsazioni al secondo (PPS) (Van Cutsem, 1997. Sogaard, 1996), mentre la frequenza massima varia a seconda della natura delle fibre contenute nel muscolo; nella maggior parte dei muscoli la frequenza di scarica massima in contrazione isometrica arriva intorno ai 30-50 pps, nel soleo invece sono state notate frequenze di scarica massimali intorno ai 10 pps (Bellamare, 1983), tutt'altra storia se la contrazione è di tipo rapido-balistico dove si può arrivare alle 100-200 pps nei muscoli con maggioranza di firbre di tipo II (Desmedt, Godaux. 1977).

In alcuni studi si è visto che utilizzando un protocollo di allenamento mirato all'aumento della forza della durata di 6 settimane la frequenza di scarica andava aumentando durante le prime sessione ma tornava a livelli molto vicini a quelli di partenza al termine del periodo preso in esame, pur registrando un aumento complessivo della capacità interessata. Il meccanismo neurale responsabile dell'incremento iniziale dell'aumento di frequenza di scarica viene moderato nel momento in cui altri adattamenti si manifestano, uno di questi può essere la riduzione nella co-attivazione del muscolo antagonista durante la contrazione.

Un'altra influenza che l'allenamento per la forza ha sulle unità motorie è la riduzione in attività di queste ultime necessaria per sollevare lo stesso carico assoluto utilizzato prima e dopo l'allenamento . Per esempio Ploutz e colleghi ha riportato una riduzione nella quantità di contrasto nelle immagini derivati dalla risonanza magnetica del muscolo quadricipite femorale nel sollevare lo stesso peso assoluto dopo 9 settimane di allenamento. Il meccanismo dietro questo adattamento è ancora da chiarire, molto probabilmente è dovuto ad una migliorata trasmissione della forza dalle proteine contrattili all'osso.

Un altro fattore molto importante per l'aumento della forza, oltre al numero di unità motorie attivate, è il pattern con cui queste ultime si attivano, si è visto che durante le contrazioni balistiche dove è richiesto il massimo impiego di forza nel minor tempo possibile, i neuroni scaricano coppie di potenziali d'azioni molto ravvicinati nel tempo chiamati Doppiette. Van Cutsem ha notato che la frequenza di comparsa delle doppiette aumenta dopo l'allenamento per la forza, questo indica che uno degli adattamenti che il nostro SNC mette in pratica per aumentare la potenza netta muscolare è proprio l'utilizzo di queste coppie di potenziali ravvicinati.

Rappresentazione schematica degli effetti di un allenamento dinamico sulla coppia (torque) (a) e il comportamento di una singola unità motoria del muscolo tibiale anteriore (b - c) durante una contrazione isometrica. Nel b e c dopo si notano sia le frequenze di scarica ravvicinate temporalmente (b) che il sorgere di doppiette (c).


Questa aumentata eccitabilità dei motoneuroni (causa delle doppiette) è evidente in persone allenate (Ginet, 1975), l'eccitabilità di un motoneurone è valutata con la rilevazione del riflesso di Hoffman (H reflex) il quale misura la risposta prodotta dalla stimolazione dei grandi nervi afferenti.

Allenamento e riflessi spinali

L'attività dei riflessi spinali è modulata sia dall'allenamento che dal de-allenamento ed è stato visto, inoltre, che i cambiamenti nell'eccitabilità dei motoneuroni sono regolati dall'inibizione pre-sinaptica (Capady, Stein. 1987. Yang, Whelan. 1993). Sale e colleghi hanno misurato una variante del riflesso H chiamata onda V (V wave), l'onda V è un riflesso H registrato durante la contrazione muscolare, questo permette di analizzare anche l'input discendente dai centri motori posti più in alto che giunge al motoneurone. Sprinter e sollevatori di pesi hanno valori di V wave molto più alti rispetto a persone non allenate, inoltre aumenti di valore dell' onda V si sono visti anche dopo periodi di allenamento incentrati sulla forza indicando un elevata scarica neurale nelle vie corticospinali discendenti, un'aumentata eccitabilità neuronale e una diminuita inibizione presinaptica dei neuroni Ia afferenti (Aagaard. 2003). I cambiamenti all'attività dei neuroni afferenti (come l'Ia) indotti dall'allenamento influenzano anche la frequenza di scarica dei motoneuroni.

Alterazioni della struttura e della funzionalità neuronale.

Beaumont e Gardiner hanno visto che un allenamento di durata ha modificato alcune proprietà biofisiche dei motoneuroni come l'eccitabilità della membrana a riposo, questi adattamenti che riflettono cambiamenti nella conduttanza degli ioni attraverso la membrana possono modificare la soglia di reclutamento e la frequenza di scarica.
In seguito ad un protocollo di allenamento per la forza è stata notata un aumento dell'ipertrofia dell'assone dei neuroni motori (Edds. 1950. Tomanek, Tipton. 1967), risultando in una maggiore velocità di conduzione (Kamen, Taylor. 1984).
Alcune ricerche hanno chiarificato che stimolazioni ripetitive di un motoneurone incrementa la forza delle sue connessioni sinaptiche e la formazione di nuove(Leonard. 1998), tale processo è definito facilitazione sinaptica. La facilitazione sinaptica gioca un ruolo molto importante nel raffinare (attraverso la pratica costante di uno schema motorio corretto) un determinato movimento.

Sincronizzazione delle unità motorie.

Per molto tempo si è pensato che la sincronizzazione delle unità motorie fosse uno dei meccanismi responsabili dell'aumento della forza (Milner, Brown. 1975). Solo in studi recenti si è visto che aumenti significativi di forza ottenuti in 4 settimane non sono stati accompagnati da sincronizzazione delle unità motorie (Yao, Fuglevand. 2000. Semmler, Sale. 2006), oltretutto in contrazioni submassimali la forza espressa risulta maggiore quando è presente una asincronia delle unità motorie, mentre in contrazioni vicine alla massima contrazione volontaria non sono state notate differenze nell'output di forza tra le unità motorie che scaricavano in sincrono e quelle in asincrono (Lind, Petrofsky, 1978 Rack, Westbury. 1969).

Coordinazione tra i muscoli

Un altro possibile meccanismo di adattamento delle unità motorie all'allenamento è lo schema di attivazione dei muscoli coinvolti nel movimento, un effetto spesso studiato di questo meccanismo è l'attivazione contemporanea del muscolo agonista e antagonista. La co- attivazione è responsabile della stabilità e della stiffness delle articolazioni e varia con l'intensità e il tipo di contrazione, la velocità del movimento e il livello di affaticamento. Alterazioni in questo meccanismo di co-attivazione con l'allenamento può essere dovuto ad un cambiamento nell'abilità di focalizzare il comando motorio al muscolo corretto. La co-attivazione riduce la forza netta prodotta dal muscolo agonista, la finezza di tale regolazione è proporzionale al livello tecnico dell'atleta (Amiridis, Martin, Morlon. 1996).

Meccanismi di adattamento sovraspinali.

I cambiamenti evocati nei circuiti neurali dopo un protocollo di allenamento sono prodotti da adattamenti che prendono luogo in due livelli.

  1. Livello sovraspinale: neuroni corticospinali, neuroni sottocorticali, interneuroni eccitatori ed inibitori.
  2. Livello spinale: motoneuroni, interneuroni eccitatori ed inibitori.

Alcuni studi effettuati sull'allenamento di abilità motorie a breve termine riportano che esiste un cambiamento all'interno della corteccia motoria primaria (evidenziata da una Stimolazione Magnetica Transcranica), questo adattamento riguarda l'ampiezza della rappresentazione corticale del muscolo e l'incremento dell'eccitabilità delle vie corticospinali (Classen ,Liepert. 1998. Pascual-Leone, Dang. 1995).

Si è visto che l'incremento di forza di un singolo arto ha effetti allenanti anche sull'arto a riposo, questo fenomeno conosciuto da oltre un secolo è chiamato Cross-Transfer (Smith, Brown. 1894). Il Cross-Transfer di forza ha effetto sia sugli arti inferiori che superiori ed è presente maggiormente in movimenti di tipo dinamici piuttosto che statici\isometrici (Kannus, Alosa. 1992. Shima, Ishida. 2002. Meyers. 1967).
Il meccanismo responsabile del cross-transfer è di natura neurale, questo è suggerito dal fatto che nell'arto non allenato l'attività enzimatica e la sezione trasversa rimangono inalterate. L'origine del cross-transfer risiede nella corteccia: l'attivazione muscolare ha come conseguenza l'attivazione dei neuroni corticali collegati a al gruppo muscolare controlaterale.

Generalmente in soggetti non allenati la forza generata da entrambi gli arti attivati in contemporanea risulta inferiore alla somma delle forze esercitate dagli arti separatamente, tale fenomeno è dovuto ad un meccanismo chiamato inibizione interemisferica, che si traduce in una ridotta ampiezza di scarica neurale (Van Dieen, Ogita. 2003). L'allenamento specifico per la forza si è in grado, grazie alla maggiore ampiezza di scarica dei neuroni coinvolti, di annullare questa inibizione e far si che la forza generata dai due arti risulta superiore alla somma delle singole forze espresse dai due arti (Howard, Enoka. 1991. Taniguchi. 1998).

Ordine di reclutamento delle unità motorie.

Questo è quello che viene definto “hot topic” qualcosa che qui al ministero abbiamo preso veramente sul serio, così tanto sul serio che l'approfondimento di questo paragrafo sarà l'argomento del prossimo protocollo ministeriale.

Sebbene il tempo di reclutamento delle unità motorie può essere alterato dall'allenamento (Cracraft, Petajan. 1977) il pattern di attivazione delle unità motorie, durante contrazioni rapide, rispetta in pieno il principio di Henneman detto anche “size principle”. L'influenza della grandezza sull'ordine di reclutamento è attribuibile alla resistenza di ingresso dell'unità motoria. In accordo con la legge di Ohm, il cambiamento del potenziale di membrana in risposta ad uno stimolo sinaptico è proporzionale alla resistenza di ingresso del motoneurone. Siccome i piccoli motoneuroni hanno una alta resistenza di ingresso, loro sono i primi ad essere reclutati in seguito ad un innalzamento della corrente depolarizzante sinaptica. Come conseguenza di questa relazione le unità motorie piccole vengono reclutate dopo le unità motorie più grandi. A causa del fatto che le fibre muscolari sono innervate da motoneuroni differenti questa sequenza di reclutamento vedrà attivare per prima le unità motorie lente e poi le unità motorie veloci (DeLuca, Le Fever. 1982. Desmed, Godaux. 1997 e 1978. Van Cutsem, Duchateau, Hainaut. 1998).

In letteratura non esistono prove concrete dell'inversione del l'ordine di reclutamento delle unità motorie nei movimenti balistici.

Effetti dell'esercizio fisico sulla salute del sistema nervoso.

Gli effetti dell'esercizio fisico sulla salute del SNC è un argomento che la comunità scientifica sta prendendo in considerazione da non molto, quindi non esiste un gran numero di prove a carico delle considerazioni che verranno illustrate tra poco. Inoltre c'è da dire che molte delle malattie che vengono prese in considerazione (come l'Alzheimer, la demenza o i disturbi di apprendimento) sono multifattoriali e i benefici dell'attività fisica spesso non sono abbastanza marcati da poter invertire il decorso di queste patologie.

Qui al ministero non ci scoraggiamo così cerchiamo di elencare brevemente quali sono i riscontri emersi dai vari studi presenti.

La regione del cervello che sembra riceve i maggiori benefici dall'esercizio fisico di tipo cardiorespiratorio è l'ippocampo, area del cervello deputata alla memoria e all'apprendimento (Holzschneider, Wolbers. 2012).
Studi incrociati hanno riportato che gli individui più attivi hanno un rischio ridotto, rispetto ai sedentari, di sviluppare demenza senile e indebolimento cognitivo (Buchman, Boyle. 2012. Yaffe, Barnes, Nevitt. 2001).

L'attività fisica ha una funzione neuroprotettiva grazie ai seguenti meccanismi (Angevaren, Cochrane. 2008):

  • Aumenta il trasporto assonale
  • Comunicazione sinaptica neuromuscolare più efficiente
  • Aumentata espressione genica e sintesi proteica
  • Aumentata proliferazionce astrocitaria
  • Aumentata angiogenesi
  • Aumentata circolazione dei fattori di crescita tissutali
Effetti dell'esercizio fisico a carico del SNC (Cotman, Engesser. 2002)

Con le informazioni contenute in questo dispaccio è possibile avere una visione più ampia della forza, molti preparatori oggi ancora hanno in mente il fatto che la forza dipende in gran parte dal muscolo, questo è vero solo in piccola parte, ma chi comanda il muscolo? Come disse Sherrington il muscolo è un organo estremamente stupido, esso può solo accorciarsi; la coordinazione fine dei movimenti e l'espressione brutale di forza sono tutte manifestazioni del controllo assoluto che il nostro SNC ha sui suoi muscoli.

Bibliografia

Physical Activity, Cognitive Function, and Brain Health: What
Is the Role of Exercise Training in the Prevention of Dementia?
Sara M. Gregory *, Beth Parker and Paul D. Thompson. 2012

Neural Adaptations to Resistive Exercise
Mechanisms and Recommendations for Training Practices
David A. Gabriel,1 Gary Kamen2 and Gail Frost. 2006

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martedì 25 giugno 2013

Il sistema nervoso e l'esercizio fisico: alla corte del re. Parte Prima

Protocollo ministeriale 9

Il sistema nervoso e l'esercizio fisico: alla corte del re. Parte Prima

Eccoci arrivati all'ultimo (ma non meno importante) dei tre grandi sistemi che governano lo stato dinamico del nostro corpo. 
Come è possibile intuire il sistema nervoso è estremamente complesso, mentre in natura esistono sistemi endocrini e immunitari molto più sviluppati del nostro lo stesso non si può dire del nostro sistema nervoso, fino ad ora risulta essere il sistema più complesso dell'intero universo conosciuto. Non esiste  nulla, macchina od organismo che eguagli la complessità del cervello umano. 

Prima di scappare e timbrare il cartellino di uscita al tornello del Ministero sappiate che questo primo (di due) dispaccio tratterà in modo molto superficiale le strutture celebrali che sono interessate nel movimento umano. Nella seconda parte cercheremo di capire quali alcuni meccanismi molto importati del Sistema Nervoso Centrale per incrementare la performance.

Funzione Motoria del SNC
I movimenti vengono suddivisi in:
  • Movimenti volontari: movimenti eseguiti intenzionalmente al fine di raggiungere uno scopo consapevole. 
  • Attività motoria riflessa: attività motoria involontaria attivata in seguito a stimoli esterni semplici, ha il compito di mantenere l'equilibrio del sistema. 
  • Attività motori ritmica: movimenti avviati dalla volontà ma si perpetuano automaticamente fin quando la volontà non interviene di nuovo per interromperli, es: la deambulazione. 
  • Mantenimento della postura: mantenimento della postura intesa come la posizione del tronco e degli arti tra loro e rispetto allo spazio. Gli aggiustamenti posturali sono messi in atto sia da movimenti volontari che da riflessi, sono veloci e stereotipati. 
Nel SNC operano due sistemi di controllo: a feed back (rilevazione dello scostamento dai valori di riferimento: postura, posizione relativa) o a feed forward (anticipazione: impiego della vista per evitare un ostacolo durante la deambulazione). Il movimento viene prima programmato nell'area prefrontale -> pre motoria -> area motoria, in seguito viene trasmesso lungo il midollo spinale dove giunge ai neuroni motori per venire eseguito, infine il movimento viene controllato dagli organi di feedback che si trovano nei muscoli, nelle giunzioni muscolo tendinee e nella pelle

Il sistema motorio ha un'organizzazione gerarchica dove in cima si trovano le strutture in grado di produrre risposte complesse, mano mano che si scende lungo il SNC le risposte in grado di essere generate diventano più semplici. Lo schema globale è un sistema in serie affiancato da uno in parallelo formato da quelle apparati in grado di produrre comandi che influiscono su  strutture inferiori.
Il sistema motorio periferico è formato dal II motoneurone che origina dalle corna posteriori del midollo, il quale si porta in periferia verso la placca neuromuscolare, questa struttura viene definita unità motoria e rappresenta la via di uscita finale del sistema motorio (volontario, riflesso, ritmico e posturale). 
Il Sistema motorio centrale è caratterizzato da un apparato di elaborazione molto più complesso, l'elaborazione del movimento avviene nelle aree corticali secondarie, la funzione di esecuzione è affidata al sistema piramidale ed extrapiramidale (illustrate in seguito), il primo è formato da fasci di fibre (I motoneurone) che formano la via cortico-spinale (vie che procedono dalla corteccia al midollo), la seconda da sistemi di integrazione del movimento come i nuclei della base (perfezionamento dei movimenti fini) e cervelletto (funzione di controllo degli schemi motori).


Quando il comando motorio arriva al midollo subisce un ulteriore controllo da parte degli: Interneuroni inibitori
Nei motoneuroni spinali agiscono 3 tipi di interneuroni che modulano l'output motorio: 
  1. Interneurone Ia, 
  2. le cellule di Renshaw,
  3. gli interneuroni Ib. 
Gli interneuroni Ia sono responsabili dell'inibizione reciproca (inibiscono l'attività dei muscoli antagonisti nel riflesso da stiramento - consultare il dispaccio L'importanza della Potenza, parte 1). Le cellule di Renshaw attivano l'inibizione ricorrente , un circuito a feedback negativo che inibisce l'attività del motoneurone in base al suo grado di attivazione (più si attiva, più viene inibito), le cellule di Renshaw fanno sinapsi anche con gli interneuroni di tipo Ia diminuendo la loro attività inibitoria con il bilancio netto di aumentare l'attività del motoneurone
Gli interneuroni di tipo Ib sono stimolati dagli organi del Golgi e producono un sistema a feedback negativo ricevono info dai fusi neuromuscolari, dalla cute, dalle articolazioni, dai centri superiori, costituendo la base per i movimenti fini.

Sistema Piramidale
Il sistema piramidale ha origine in parte dalla corteccia motoria primaria, è il solo sistema di fibre che procede senza interruzione dalla corteccia al midollo. Il sistema piramidale nella corteccia ha un'organizzazione somatotropica (le varie parti del corpo sono rappresentate nell'area corticale in base alla finezza e complessità dei movimenti, ne consegue che faccia, bocca e mani ricoprono gran parte della superficie). Il fascio di fibre che origina dalla corteccia arriva ai nuclei dei nervi cranici e , più in basso, alla radice anteriore del midollo dove fa sinapsi con il II motoneurone. Gran parte delle fibre del fascio piramidale (65% - 70%) decussa (cambia lato del corpo) a livello delle piramidi bulbari continuando controlateralmente il proprio percorso, tali fibre vanno ad innervare i muscoli distali degli arti, quei muscoli attivati per uno scopo definito.  Le fibre che scendono direttamente innervano la muscolatura prossimale degli arti e quella assiale, inoltre nella discesa entrano in strutture che hanno un ruolo primario nel controllo della postura.
Le aree corticali coinvolte nel movimento sono 2: 
  • Area 6 di Brodmann o area premotoria che ha una soglia di attivazione elettrica più altra e evoca movimenti più complessi, essa è deputata alla pianificazione degli schemi motori. 
  • Area 4 Boradmann o area motoria, soglia di attivazione più bassa rispetto all'area 6 e richiama movimenti semplici.


Sistema extrapiramidale:
Il sistema piramidale è formato dai Gangli della base e dal Cervelletto.

Gangli della Base



I nuclei della base regolano i movimenti prima e durante l'esecuzione, sono necessari per l'avvio del movimento, se compromessi non si è in grado di passare da un movimento ad un altro armonicamente.

Essi sono formati dal: 
  • Nucleo Caudato e Putamen(corpo striato) implicati nell'avvio di movimenti grossolani intenzionali(alternanza braccia\gambe nel camminare).
  • Globus Pallidus: preparazione del TONO MUSCOLARE ai movimenti fini.

I gangli della base non stabiliscono connessioni dirette con il midollo spinale e sono impiegati in controlli motori superiori come pianificazioni di strategie complesse. Le afferenze ai gangli della base arrivano al corpo striato e le maggiori efferenze (dirette per lo più al talamo) partono dal globus pallido e dalla parte reticolata della sostanza nera (formata da neuroni che producono dopamina), la degenerazione per via autoimmunitaria dei gangli della base è la causa di malattie come il Morbo di Parkinson e la Corea di Huntington. 


Sistema cerebellare


Il cervelletto ha la funzione di coordinare la contrazione e la decontrazione di tutti i muscoli, di controllarne l'andamento ed il risultato, inoltre opera anche un controllo sul tono posturale. Il cervelletto confronta il movimento in esecuzione con lo schema motorio in memoria. In definitiva il cervelletto è coinvolto nella pianificazione del movimento, nella coordinazione degli arti, nel controllo della postura, nella regolazione e controllo del tono muscolare e dell'apprendimento motorio. Il cervelletto è posto in parallelo rispetto alle vie afferenti – sensitive e efferenti – motorie, esso riceve afferenze dal midollo (muscoli, cute, articolazione, vestibolare, occhio) e dalla corteccia ,dalla corteccia arrivano le informazioni teoriche, mentre dal midollo quelle reali, in questo modo il cervelletto confronta le info dell'area corticale (programmazione) con quelle ottenute dalla periferia modificando così il movimento che si sta compiendo. Il cervelletto è organizzato in 3 lobi: lobo flocculonodulare, lobo anteriore e lobo posteriore essi sono delimitati da 2 solchi trasversali profondi, mentre due solchi longitudinali lo delimitano in 3 aree: due laterali (lobi) ed una centrale (verme). Il lobo flocculonudulare è definito archicerebello, il più antico, in connessione diretta con i nuclei vestibolari. Il lobo anteriore è il paleocerebello in connessione con il midollo spinale, esso comprende anche parte del verme e la zona intermedia dei due emisferi. Il lobo posteriore comprende la zona laterale dei due emisferi ed è in contatto con la corteccia celebrale.

Nel prossimo dispaccio metteremo da parte queste nozioni anatomiche-fisiologiche ed andremo a mostrare come il sistema nervoso centrale reagisce agli allenamenti.

giovedì 6 giugno 2013

Il sistema endocrino e l'esercizio fisico: messaggeri di forza. Parte seconda

Protocollo ministeriale 8/bis

Il sistema endocrino e l'esercizio fisico: messaggeri di forza. Parte Seconda.


Nella prima parte del dispaccio abbiamo introdotto il sistema endocrino, uno dei tre grandi sistemi (insieme al sistema immunitario e al sistema nervoso centrale) in grado di mantenere l'omeostasi all'interno del nostro corpo. La stimolazione di questi 3 sistemi con stress giusti è in grado di rendere l'organismo più forte e resistente, mentre un sovraccarico di stimoli troppo intensi e protratti troppo a lungo rischia di mandare in tilt questa delicata rete rendendo difficile il recupero e sfociando in frequenti raffreddori o una secrezione ormonale alterata. La bravura del coach, dell'atleta autodidatta o dell'impiegato del Ministero sta proprio nel saper somministrare la giusta dose di stress per poter ottenere un guadagno più o meno costante viaggiando sempre sul filo dell'overreaching (lieve sovrallenamento, necessario ad innescare la perturbazione dell'omeostasi e, di conseguenza, a stimolare il miglioramento), è molto improbabile ottenere una performance migliore se recuperassimo ogni volta al 100% oppure non recuperassimo affatto. 

In questa seconda parte del dispaccio andremo a vedere come il nostro sistema endocrino reagisce agli stress da allenamento.

Tutte le risposte vengono elaborate dal sistema nervoso centrale, visto che è lui a ricevere tutti gli stimoli afferenti dalla periferia, l'area del cervello che fa da interprete con il sistema endocrino è l'ipotalamo dove due nuclei (sopraottico e paraventricolare) lo collegano all'ipofisi. Quello che più ci ha interessato qui al Ministero è l'attività dell'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (già vista nel 7mo dispaccio), gli effetti dell'esercizio sull'asse Ormone della crescita (GH) e il Fattore di crescita insulino simile 1 (IGF1) e , sempre relazionato al movimento, la dinamica del testosterone.

L'esercizio fisico e l'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene.

Il primo adattamento del corpo ad uno stress è l'attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico il quale porta ad una messa in circolo del cortisolo (definito ormone dello stress), l'innalzamento nel torrente ematico dell'ormone dello stress è data dalla stimolazione dell'asse IIS.
L'ipotalamo risponde alla perturbazione dell'omeostasi secernendo due ormoni:
  1. Ormone rilasciante corticotropina (CRH)
  2. arginina vasopressina (AVP)
Queste due sostanze stimolano la produzione di ormone corticotropo (ACTH) che a sua volta induce il rilascio di cortisolo dalla zona fascicolata nella corteccia delle ghiandole surrenali. Gran parte del cortisolo circolante nel sangue viaggia legato ad una proteina (globulina legante il cortisolo CBG, essendo un'ormone steroideo risulta essere idrofobico)e soltanto la frazione libera è in grado di propagarsi all'interno della cellula ed espletare la sua funzione. Il picco di produzione del cortisolo si ha la mattina mentre il nadir è intorno alla mezzanotte, sebbene la luce è il maggior regolatore della produzione di cortisolo l'attività fisica può incidere pesantemente sulla sua presenza all'interno dell'organismo.
La quantità di cortisolo presente nel sangue è legata alla durata e all'intensità dell'esercizio, sedute di media intensità si è visto non innalzare i livelli di cortisolo nel sangue, mentre durante attività più intense o più lunghe viene prodotto più ormone dello stress. La produzione di cortisolo è legata all'omeostasi degli zuccheri, è noto che assumendo carboidrati durante esercizi di lunga durata la secrezione di cortisolo è ridotta (Galbo 1983). Inoltre i livelli di cortisolo si innalzano in atleti che percorrono 1500mt o i 10.000mt ma non in atleti che eseguono sprint sui 100mt o il sollevamento pesi olimpico (Petraglia 1988), qui risulta evidente che in attività molto brevi l'omeostasi del glucosio non viene perturbata e perciò i livelli di cortisolo rimangono simili a quelli di riposo. Si è visto (Ahtiainen et al. 2003) che i livelli di cortisolo tendono ad alzarsi anche in allenamenti con percentuali dell'1RM superiori al 70% per almeno 4 serie.

Prima delle gare la quantità di cortisolo circolate aumenta, questa sovraproduzione è dovuta dallo stress pre-gara.
Altro fattore che incide sulla produzione di cortisolo è l'età, maggiore è quest'ultima minore è la secrezione di glucorticoidi.

Oltre all'attivazione del sistema nervoso simpatico ci sono alcuni fattori umorali (presenti nei fluidi) in grado di  stimolare l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, questi sono:
  • il lattato.
  • interleuchine (citochine, vedere protocollo ministeriale n. 7)
  • angiotensina II (ormone in grado di aumentare la gittata cardiaca).

Il cortisolo esercita un controllo a feedback negativo sull'asse IIS, questo significa che un'alta concentrazione di questo ormone nel torrente ematico inibisce la sua sintesi. La natura e la durata dello stress può incidere su questo meccanismo, per esempio l'attività fisica molto intensa può indurre alterazioni nella sensibilità ai corticosteroidi.

Il compito primario del cortisolo è quello di fornire zuccheri al cervello ed ai muscoli, per fare questo attinge:
  • alle scorte di glicogeno (una forma immagazzinata di glucosio nel fegato)
  • alla trasformazione nel fegato di aminoacidi in glucosio.
  • alla trasformazione del glicerolo presente negli acidi grassi in glucosio.
Inoltre il cortisolo ha un'azione anti-infiammatoria e immuno-soppressiva perchè interagisce con i linfociti inducendone la morte (Hirano 2001).

Overreaching e sovrallenamento, come si comporta l'asse IIS?

L'overreaching può essere considerato un sovrallenamento a breve termine ed è necessario che si verifichi all'interno di una programmazione, invece il sovrallenamento è una vera e propria sindrome descritta come l'esaurimento della capacità di adattamento dell'organismo caratterizzata da stanchezza cronica, frequenti infezioni del tratto respiratorio superiore, stato d'animo alterato e funzione riproduttiva soppressa.
Il sovrallenamento è causato da troppo accumulo di stress per via di un piano d'allenamento errato o assente.
Dal punto di vista dell'asse l'overreaching si caratterizza da un'elevata produzione di ACTH (dovuta ad un abbassamento della sensibilità dell'ipofisi a questo ormone) ma senza essere seguita da un'innalzamento dei livelli di cortisolo. Se l'overreaching sfocia nel sovrallenamento allora entrambi gli ormoni (ACTH e Cortisolo) subiscono un calo di produzione e di presenza nel torrente ematico. Questo tipo di sovrallenamento è indotto da allenamenti di tipo prevalentemente aerobico, mentre nel sovrallenamento tipico degli sport con basso volume ed alta resistenza non si presentano squilibri dei livelli di ACTH e Cortisolo.

L'esercizio fisico e l'asse GH-IGF1

L'asse Gh-IGF1 regola molti processi dell'organismo umano, inclusa la crescita, lo sviluppo, processi riparativi, metabolismo ed altre attività fisiologiche. L'asse viene stimolata dal sistema nervoso centrale il quale, sotto influenze esterne o ritmi circadiani, produce una serie di neurotrasmettitori come le catecolamine, serotonina e agenti colinergici che stimolano l'ipotalamo a sintetizzare l'ormone rilasciante Gh (GHRH) e la somatostatina (SHS). Il GHRH stimola l'ipofisi anteriore a produrre e rilasciare GH, il GH è il maggior prodotto secretorio dell'asse, Le azioni più importanti di questo ormone peptidico sono: la stimolazione della sintesi dell'IGF1 e la regolazione del metabolismo, della differenziazione tissutale e della composizione corporea.

L'IGF1 fa parte dei peptidi collegati con l'insulina, viene secreto dal fegato in seguito se in presenza di GH, le proprietà anaboliche e di crescita dell'IGF1 riproducono in gran parte quelle del GH, in più stimola il rilascio di somatostatina ed inibisce la secrezione di GH con meccanismo a feedback negativo.

La stimolazione dell'asse GH-IGF1 è maggiore in sedute allenanti della durata superiore a 10 min (il picco di produzione di GH indotto dall'esercizio si manifesta dal 25mo\30mo minuto di attività continua) con un intensità della potenza aerobica che va dal 70% al 90% (Felsin, Brasel, Cooper. 1992).
La secrezione di GH è influenzata anche da fattori ambientali e nutritivi, per esempio le temperature calde stimolano la sua sintesi (Okada, Hikita. 1972). Un pasto ricco di grassi (il quale favorisce la produzione di somatostatina da parte dei tessuti gastrointestinali) diminuisce la secrezione di GH (Penman, Wass. 1981). Anche l'iperinsulinemia associata ad eccesso di grasso corporeo inibisce il rilascio dell'ormone della crescita. 

L'IGF1 ha un pattern di stimolazione diverso dal quello del GH, esso sembra venir prodotto anche durante sforzi inferiori ai 10 minuti sopra e sotto la soglia del lattato, inoltre Bang e colleghi hanno dimostrato che l'esercizio fisico è in grado di aumentare la secrezione di IGF1 da parte del fegato anche in soggetti con problemi all'ipofisi.

Sia la produzione che la sensibilità al GH e all'IGF1 sono correlati positivamente con indici di fitness funzionali come la la Vo2 Max e con indici di fitness strutturali come la quantità di tessuto muscolare presente nel corpo (Poehlman, Copeland. 1990).

L'esercizio fisico e il Testosterone.

Tra tutti gli ormoni prodotti dall'organismo umano forse il Testosterone è il più "ricercato" e il più "imitato", molti dei protocolli sviluppati qui al ministero hanno come scopo l'aumento della produzione ENDOGENA di testosterone, il compianto Segretatio del Ministero prof. Carmelo Bosco affermava che il testosterone non è l'ormone della forza ma l'ormone della Potenza, molti tessuti hanno ricettori per questo derivato del colesterolo anche i NEURONI.
Come appena detto il testosterone è un ormone prodotto a partire dal colesterolo grazie ad una serie passaggi regolati da enzimi presenti nelle cellule di Leydig nei testicoli e nelle ghiandole surrenali. La sintesi del testosterone viene regolata da un'altra sostenza: l'LH, ormone proteico prodotto nell'ipofisi, a sua volta la produzione di LH è regolato dall'ormone rilasciante gonadotropina (GnRh) sintetizzato nell'ipotalamo. La secrezione di questi due ultimi ormoni regolatori è controllata, in parte, dalla presenza di testosterone nel sangue (meccanismo di controllo a feedback negativo) , questo significa che se nell'organismo viene somministrato del testosterone ESOGENO la sua produzione interna diminuisce o cessa. 

Il testosterone nel sangue si trova in gran parte legato alla globulina legante, la SHBG e all'albumina. Tra le azioni più importanti in termini di prestazione sportiva il testosterone è in grado di stimolare la produzione di IGF1 ed Eritropoietina, inoltre ha un effetto antagonizzante nei confronti dei glucocorticoidi inibendo molti processi catabolici.

Alterazioni della secrezione del testosterone nell'esercizio fisico.

L'esercizio fisico può incrementare e diminuire la secrezione di testosterone a seconda dell'intensità e della modalità di esecuzione (Viru 1985). Gli incrementi avvengono durante e dopo sedute d'allenamento brevi ed intense come allenamenti con i pesi  e sprint (Sutton et al. 1973; Cumming et al. 1986; Kraemer et al. 1991), e forti decrementi si manifestano durante maratone ed ultra-maratone (Dessypris et al. 1976; Morville et al. 1979; Kuoppasalmi et al. 1980; Schurmeyer et al. 1984).
Il testosterone agisce in sinergia con il GH e L'iGF1 aumentando drasticamente la sintesi proteica nei muscoli e l'accrescimento osseo.

Negli sport di endurance gli androgeni sono responsabili dell'aumento della disponibilità di nutrienti (lipolisi) e della potenziata capacità di trasportare l'ossigeno (Muza et al. 1987; Sawka et al. 1987).

Con questo dispaccio abbiamo fatto luce sul meccanismo di risposta del corpo all'allenamento sia attraverso routine di forza che di resistenza. 
Entrambi i tipi di allenamento sono in grado di stimolare adattamenti profondi e benefici, per questo in qualsiasi preparazione atletica è fondamentale dedicare un blocco della programmazione a sviluppare sia i meccanismi aerobici che anaerobici.

Bibliografia


  • THE ENDOCRINE SYSTEM IN SPORTS AND EXERCISE, WILLIAM J. KRAEMER AND ALAN D. ROGOL. 2005
  • Advanced Exercise Endocrinology, K Borer Human kinetics publishing, 2013.