venerdì 1 febbraio 2019

Serie a cedimento: quando usarle e quando evitarle.


Uno degli scopi dell'allenamento con i sovraccarichi è la stimolazione delle fibre contrattili del muscolo. Una metodica molto diffusa nelle palestre è quella di portare il muscolo al cedimento.

Dagli ultimi studi è emerso che questa tecnica, pur essendo molto diffusa, non sembra essere realmente efficacie per quanto riguarda la prestazione atletica in sport di forza, potenza ed estetica.

Tuttavia, come tutte le strategie di allenamento, può portare dei benefici se utilizzata con modi e tempi adeguati e compatibilmente con gli obiettivi da raggiungere.

Il problema principale delle serie a cedimento è l'abuso che ne viene fatto, portare allo stremo il muscolo ha delle ripercussioni in termini di tempo di recupero, aumentando di troppo il tempo tra due sedute allenanti. È possibile indurre nel sistema neuro-muscolare l'adattamento allo stress senza arrivare a cedimento ogni singola seduta.

Se un atleta ha come obiettivo lo sviluppo della forza dinamica massimale il suo allenamento sarà perlopiù incentrato su carichi dall'85% dell'1RM in su.

L'utilizzo di tali percentuali di carico favoriscono una serie di adattamenti che vanno ad agevolare l'aumento della forza massimale, inclusa la rigidità tendinea, la spinta neurale e la coordinazione inter-muscolare.

La tecnica del cedimento stimola la crescita muscolare attraverso l'aumento del reclutamento delle unità motorie. L'utilizzo di carichi pesanti è in grado di reclutare altrettante unità motorie senza affaticare eccessivamente l'organismo. È abbastanza inutile utilizzare il cedimento per ricercare l'ipertrofia quando si utilizzano le percentuali di carico superiori all'85% dato che lo stimolo neuro- muscolare è già al limite.

L'eccessivo danno muscolare causato dalle serie a cedimento è un altro elemento che sconsiglia questa tecnica. Il muscolo viene danneggiato quando è costantemente attivato dal flusso di ioni calcio in uno stato di bassi livelli di energia ed ossigeno. Quando il livello degli ioni calcio rimane elevato per parecchio tempo viene attivato il processo di proteolisi da alcuni enzimi intramuscolari con relativo danneggiamento della fibra muscolare, del sarcolemma e della cellula muscolare stessa.

È ovvio che sia più probabile che l'allenamento a cedimento causi un danno muscolare piuttosto che lo eviti. Un eccessivo danno muscolare potrebbe ridurre la voglia di allenarsi, decrementa l'abilità della persone di allenarsi regolarmente e, nel caso di atleti, interferisce con le performance in gara. Inoltre un recupero insufficiente porta al sovrallenamento (overtraining), che, al contrario del sovraffaticamento (overreaching) è da evitare nella maggior parte dei casi.

Questo ci porta direttamente ad analizzare un altro fattore negativo dell'allenamento a cedimento, ovvero l'aumento del tempo di recupero e la diminuzione della frequenza allenante.

Molto spesso per raggiungere gli obiettivi preposti è importante allenarsi frequentemente, per questo le sedute allenanti non devono richiedere troppo tempo per il recupero. Dilatare gli allenamenti porta ad esercitarsi di meno, ad impiegare più tempo nella memorizzazione della tecnica e a fornire uno stimolo di crescita discontinuo. Il tempo richiesto per recuperare da una seduta allo stremo utilizzando carichi leggeri è maggiore rispetto a quello di una seduta con carichi pesanti.

Se uno degli obiettivi della programmazione è l'aumento della potenza è importantissimo concludere la serie conservando una buona dose di esplosività. Se la velocità con cui muoviamo la resistenza è ridotta rischiamo di rallentare anche il gesto atletico che l'allenamento dovrebbe implementare.

Risulta chiaro che utilizzare le serie a cedimento per programmi sulla forza e sulla potenza non è una strategia vincente.

Va però detto che non è una tecnica da scartare completamente. Come sempre, quando si scrive un programma, bisogna tener conto degli obiettivi ed usare tutte le strategie a disposizione per raggiungerli, senza dare nulla per scontato.

È possibile trarre benefici dalle serie a cedimento in alcuni distretti corporei come le braccia ed i polpacci, allenare alle stremo queste zone non sovraccarica eccessivamente il sistema nervoso centrale; inoltre si è visto che minore è la grandezza del muscolo, minore è anche il tempo impiegato per compensare lo stress indotto. Arrivare a cedimento ogni singola seduta però può essere controproducente se non dannoso. È vero che il sistema nervoso centrale non viene stimolato oltre soglia, ma al contrario le strutture tendinee e legamentose vengono molto sollecitate; se non recuperano completamente tra due sedute allenanti rischieremmo di esporle ad infortuni.

Le serie al limite posso essere utilizzate in maniera produttiva dai soggetti con meno esperienza e massa muscolare rispetto alle persone più massive ed esperte. Per i primi è molto più difficile raggiungere il cedimento completo; l'organismo, non essendo ancora abituato a lavorare con soglie di intensità molto alte farà insorgere la sensazione di fatica molto prima del cedimento muscolare completo.

Lo stesso discorso vale per gli esercizi o i gruppi muscolari carenti. Portare una serie al limite in punti meno sviluppati  non è estremamente impattante a livello neurale e la serie a cedimento, in questo caso, dà uno stimolo positivo alla crescita.

Una programmazione efficacie prevede sempre un periodo di scarico: le serie a cedimento trovano una collocazione ideale nella settimana prima del periodo di riposo. L'improvviso e breve picco di stimolazione dato dalle serie al limite permette di avere una spinta in più nella crescita muscolare. Quest'ultima avverrà esclusivamente se il recupero sarà adeguato.

Occasionalmente in sedute di test di forza o resistenza. Per impostare il programma ideale è importantissimo conoscere il proprio stato attuale di forza o resistenza. Arrivare al cedimento in una sessione dedicata solo alla valutazione è un buon metodo per conoscere i propri limiti o i progressi fatti (quest'ultima solo se si ha un metro di paragone con un test effettuato in precedenza).

Ci sono giorni in cui il tempo a disposizione per allenarsi è scarso, in questo caso le serie a cedimento possono tornare utili.
Fare una singola serie a cedimento, magari negli esercizi per gruppi muscolari come quelli delle braccia, è sempre meglio che saltarli.
Garantire lo stimolo allenante, questo è lo scopo del workout.
Come abbiamo visto le serie a cedimento non sono indispensabili in programmi per la forza e per l'ipertrofia, tuttavia possono fornire uno stimolo ai principianti o aggiungere varietà all'allenamento di esperti. Come tutte le tecniche anche quest'ultima non va esclusa a priori o, al contrario, non bisogna abusarne. Il suo impiego è legato all'anzianità di allenamento, all'obiettivo che si vuole raggiungere ed al tempo a disposizione da dedicare agli allenamenti.


Un ultimo appunto. Il cedimento trattato in questo articolo è il cedimento di tipo concentrico, ovvero ottenuto durante la fase di contrazione muscolare. Esistono tuttavia altri tipi di cedimento:

• eccentrico: ottenuto nella fase dell'alzata successiva  a quella concentrica, ovvero dove il muscolo, contratto, cede al peso accompagnandolo alla posizione di partenza. Questo tipo di cedimento è molto più difficile da ottenere perché nella fase eccentrica il muscolo è più forte. Va detto che lo stress risultante da questa tecnica è molto più intenso rispetto a quello ottenuto nella fase eccentrica

•  isometrico: l'impossibilità di contrastare un carico statico


• tecnico: l'impossibilità di continuare la serie mantenendo la tecnica preimpostata. A seconda del livello di esperienza del praticante può sopraggiungere due o tre ripetizioni dal cedimento concentrico


Bibliografia


·         Fatigue is not a necessary stimulus for strength gains during resistance training.

Folland JP, Irish CS.

Br J Sports Med.


·         A Comparison of Increases in Volume Load Over 8 Weeks of Low-Versus High-Load Resistance Training

Brad J. Schoenfeld, Dan Ogborn,

Asian J Sports Med. 2016 Jun;


·         Is Resistance Training to Muscular Failure Necessary?

Sanmy R. Nóbrega and Cleiton A. Libardi

Front Physiol. 2016


·         Effect of Training Leading to Repetition Failure on Muscular Strength: A Systematic Review and Meta-Analysis.

Davies , Orr Halaki,  Hackett.
Sports Med. 2016 Apr;


·         Does exercise-induced muscle damage play a role in skeletal muscle hypertrophy?

Schoenfeld BJ.

J Strength Cond Res. 2012 May

giovedì 29 marzo 2018

La Nuova Frontiera del Fitness



Protocollo Ministeriale N. 14

Essere allenati, o “Fit”, significa spesso avere un buon livello sia di forza neuromuscolare che di resistenza cardiorespiratoria.

Queste due capacità ci permettono di migliorare la qualità di vita complessiva, ci rendono meno inclini a patologie non infettive come diabete e cardiopatie e migliorano la percezione che abbiamo di noi stessi.

Per molti questo è sufficiente. In fondo la vita quotidiana non ci riserva sfide fisiche troppo aggressive, nei secoli abbiamo saputo isolarci dall'ambiente e creare un sistema stabile in grado di garantire l'assenza di condizione estreme.

E se volessimo o fossimo costretti ad affrontare l'ambiente selvaggio? Cosa succederebbe se ci trovassimo davanti ad una sfida che richiedesse delle capacità psicofisiche diverse dalla semplice forza o resistenza?

Esiste, ad esempio, una classe di individui che per lavoro o per passione deve aver sviluppato oltre alle capacità di base (forza e resistenza) anche la resistenza al freddo e l’abilità di essere operativi in restrizione calorica.

Allenarsi significa sottoporre l'organismo ad uno stimolo che non sia né troppo intenso né troppo blando, in questo modo è possibile poter sopportare stress sempre maggiori.
Il freddo e la restrizione calorica sono due tipi di stress molto potenti, ma l’adattamento è possibile anche in questo.

Il come è lo scopo di questo articolo.

Il primo passo è quello di non spaventarsi davanti a questi due “stressors”, esserne intimoriti significa creare una barriera mentale che preclude qualsiasi forma di adattamento.Per prima cosa, quindi, bisogna preparare la mente accettando la presenza del freddo e della fatica.
Freddo e fatica (indotta dalla restrizione calorica) vanno visti, in primis, come due alleati, vanno accettati e non contrastati.

Il controllo sulla propria mente è importante, per questo la meditazione diventa parte integrante dell'allenamento.
Per meditazione intendo 10 o 15 minuti al giorno di focalizzazione sulla respirazione. Essere semplicemente consapevoli di ogni respiro che emettiamo, respiri profondi intervallati da brevi fasi di apnea dove la concentrazione si acuisce.
Questo tipo di meditazione assolve due compiti: il primo è quello di imparare ad avere controllo sui pensieri, sulla “mente scimmia”.
Il secondo è quello di aumentare la quantità di ossigeno all'interno del corpo, per contrastare il freddo.

Naturalmente lo stress deve essere somministrato in dosi in cui è possibile l'adattamento, altrimenti il sovrallenamento si traduce in ipotermia e denutrizione, condizioni che ovviamente vanno evitate.

Esposizione al freddo.
  • Il gold standard dei metodi di adattamento al freddo è il metodo “Wim Hof”.Tale metodo prevede una serie di respiri profondi ed una progressiva esposizione alle basse temperature attraverso l'uso di docce fredde.
  • Usare progressivamente abiti sempre più leggeri alle basse temperature. (dai 10 ai 15 gradi come inizio)Il brivido è “l'ultima spiaggia” delle risposte termogeniche al freddo e come tale non va MAI provocato. Se li percepiamo, significa la quantità di freddo è eccessiva.
  • Accettare il disagio e cercare di assorbirlo, di farlo vostro.
  • L'esposizione al freddo migliora l'efficienza del sistema immunitario. 

Restrizione Calorica.

Studi hanno dimostrato che la restrizione calorica associata all'esercizio fisico aumenti l'efficienza del metabolismo.

L'organismo, per fornire energia durante lo sforzo fisico in uno stato di restrizione calorica, ottimizza l'estrazione dei nutrienti dagli alimenti assunti.

Approfondiamo:

  • La restrizione calorica è l’assunzione di una quantità di calorie inferiore al fabbisogno giornaliero consigliato.
  • È possibile essere pienamente operativi anche con il 60%/70% dell'introito giornaliero consigliato.
  • La restrizione calorica va programmata. Proprio come nel caso del freddo dobbiamo permettere al nostroorganismo di adattarsi gradualmente allo stress indotto.
  • allenamenti di tipo aerobico prolungati o sedute di HIIT in uno stato di semi-digiuno o digiuno completo svuotano le riserve di glicogeno epatico e muscolare. La deplezione del glicogeno innesca la supercompensazione di quest'ultimo nelle riserve intramuscolari.
  • L'intensità e la durata dell'allenamento fatto a digiuno o semidigiuno devono aumentare progressivamente.
  • La restrizione calorica non prevede l'esclusione di nessun macronutriente. Poiché è stato notato che durante la RC viene persa parte della massa magra, per evitare questo effetto collaterale è sufficiente aumentare la percentuale dell'introito proteico. 
    Se in un regime normocalorico le percentuali sono: 50% Carboidrati, 30% Proteine e 20% Grassi, in un regime di restrizione le percentuali cambiano in: 40% Carboidrati, 40% Proteine e 20% Grassi.

  • Al termine di ogni fase di forte restrizione calorica (della durata media di 3 settimane) deve seguire una fase di ricarica, che permette di non rallentare eccessivamente il metabolismo basale. 

Una volta che si è raggiunto un livello accettabile di sopportazione ed adattamento a questi due potenti stimoli è possibile mettersi alla prova in gare di endurance o trails.


Personalmente trovo che le Spartan Race più lunghe (Beast ed Ultra) e negli eventi Spartan Endurance (Hurricane Heat) siano delle ottime occasioni per testare il nostro stato di fitness avanzato.

La nuova frontiera del fitness potrebbe sembrare estrema.
Il freddo e la fame sono, da sempre, i più grandi avversari dell'uomo.
Riuscire a dominarli è una prova di adattamento incredibile e l'adattamento è la chiave della sopravvivenza.

Bibliografia




    lunedì 31 luglio 2017

    Quanto conta essere forti?

    Protocollo Ministeriale N. 13


    Andare in palestra per molti è sinonimo di diventare grossi, di uscire dallo status di secchi e mettere su abbastanza carne da essere pronti per il macello; questo atteggiamento spesso si traduce in allenamenti con bassi carichi, poco tempo di recupero ed alte ripetizioni limitando lo sviluppo della forza ( http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25932981 ).


    Lasciate che vi convinca del beneficio di programmare il vostro allenamento ipertrofizzante dando un ampio spazio all'allenamento della forza soprattutto durante i primi mesi di palestra.
    Perché la forza?

    Non voglio recuperare 10 minuti tra una serie e l'altra di 3 ripetizioni, non voglio sembrare grasso, pelato e con la barba e voglio uscire dalla sala pesi a quattro zampe perché ho portato tutto a cedimento, compreso il sorseggiare il pool di aminoacidi e spirulina durante l'allenamento...

    Diventare forti non significa attenersi al tipico allenamento della forza #BroScienceApproved, significa piuttosto insegnare al muscolo a generare più tensione, più tensione = più unità motorie attivate, più unità motorie attivate = più fibre muscolari coinvolte e, finalmente, più fibre allenate = più stress meccanico applicato al muscolo e di conseguenza muscoli più grossi (sempre rispettando un introito calorico ed una ripartizione dei macronutrienti corretta).

    Chi avrà braccia più grosse a parità di stazza? Uno che fa curl con i manubri in 3x10 con 20kg oppure uno che ne flette 32? Il Sauropode con i 32kg dovrà per forza attivare più fibre per generare la tensione necessaria alla flessione del braccio con quel carico e da qui... più tensione più unità motorie, più unità motorie attivate e via discorrendo...

    Allenarsi per la forza non significa che gli allenamenti tipici della scheda “ipertrofia” siano inutili, all'interno della programmazione tutti i tipi di allenamento hanno uno spazio ed un ruolo a seconda dell'obiettivo preposto.

    Ma come si diventa forti?

    Perché è meglio essere forti?

    Forti si diventa quando essere forti è l'unica scelta che abbiamo e...

    le persone forti sono più difficili da ammazzare e più utili in generale.

    Scherzi e meme motivazionali a parte, saper sviluppare alti gradienti di forza permette di attivare più unità motorie e quindi imporre uno stress maggiore all'organismo consentendo di sollevare carichi pesanti (relazionati al nostro peso corporeo) anche per molte serie e ripetizioni.

    Sintetizzandolo in termini tecnici possiamo dire che aumentando la forza dinamica massimale anche la forza resistente subirà dei miglioramenti perché, di fatto, la forza è semplicemente la capacità del muscolo di contrarsi. Da qui ne conviene che  tutto è legato alla forza, dalle semplici attività quotidiane alle prestazioni più eclatanti, diventare più forti significa trasformare un 4 cilindri 1200cc da 70 cavalli in un V8 6000cc da 300 cavalli; sorpassi rapidi, salite, e tratti ad alta velocità saranno affrontati con meno sforzo perché la potenza totale a disposizione è maggiore.

    La forza è un’abilità e questo oramai lo sappiamo tutti,  non è più un’informazione riservata a qualche sopravvissuto alla Perestrojka e grazie a questa affermazione abbiamo capito che per sollevare un carico decente bisogna conoscere il movimento che ci fa spostare quel carico.

    Essere forti implica la raffinazione dello schema motorio, ovvero le informazioni relative alle catene cinetiche da attivare e il grado di tensione da sviluppare per quel dato movimento. Il cervello durante il movimento deve processare moltissime informazioni a partire dalla corteccia premotoria, dove risiede l'idea del movimento, e lo deve poi mettere in atto elaborando tutte le informazioni di feedback che riceve sullo stato della tensione e dell’allungamento dei muscoli.


    Viene da sé che nelle prime fasi di apprendimento di uno schema motorio esso sarà grezzo e pieno di “errori”, avete notato che durante lo squat o la distensione su panca eseguita dai principianti si tendono ad attivare più muscoli di quelli necessari con una tensione a volte eccessiva dando vita ad esecuzioni scattose e sbilanciate; progredendo con l'apprendimento del movimento l'estetica dell'esecuzione migliora e lo sforzo, a parità di peso caricato, diminuisce perché lo schema motorio viene raffinato garantendo una coordinazione ed un’efficienza neuromuscolare maggiore.

    La prima fase dell'allenamento della forza sarà proprio concentrarsi sull'apprendere il movimento con carichi che risultino gestibili e che permettono di memorizzare la tecnica corretta. Una volta che il movimento viene metabolizzato allora è possibile iniziare a giocare con i pesi; questo non vuol dire che dobbiamo allenarci un'ora con manici di scopa, manubri e kettlebell di Barbie, piuttosto si deve programmare l'allenamento in modo che il primo esercizio sia il più coordinativamente impegnativo per cui si possa porre particolare attenzione sulla tecnica; a seguire si possono inserire esercizi meno complessi anche utilizzando i classici macchinari guidati per poter stressare più a fondo il muscolo che magari non è stato debitamente attivato durante i primi esercizi eseguiti con carichi da “apprendimento tecnico”.

    Ora, per apprendimento tecnico non si intende 3x10 o 4x8 o qualche altro schema da tabellina ma uno schema “cibernetico” ovvero con serie fisse, da 6 a 8, ma con il numero di ripetizioni determinato dal feedback dato dalla bontà dell'esecuzione tecnica. Mi sembra scontato che arrivare a cedimento durante questa fase in esercizi complessi non è consigliabile, se proprio siete amanti della sensazione di bruciore muscolare potete sbizzarrirvi con esercizi meno complessi e, magari, guidati.

    Per quello che riguarda i recuperi, è importante che l'esercizio venga eseguito bene e con carichi consistenti quindi è sempre consigliabile stare tra i 2 ed i 3 minuti, poiché è stato dimostrato che recuperi inferiori non garantiscono un'ipertrofia maggiore, anzi recuperando meno il muscolo, nella serie successiva, svilupperà una tensione minore con minor stress sulle strutture contrattili (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26605807) . Uno dei fattori più importanti che contribuiscono all'ipertrofia è il volume allenante (il peso sollevato per serie e ripetizioni) e con recuperi al di sopra del minuto è possibile aumentare il volume utilizzando carichi decenti.

    Il volume che è possibile raggiungere durante le sedute è influenzato da un altro fattore spesso ignorato: la capacità aerobica. È pressoché impensabile potersi allenare con dei volumi consistenti senza avere una buona resistenza cardiorespiratoria, questo significa che se avete intenzione di allenarvi seriamente è importante programmare anche degli allenamenti di tipo aerobico.

    Questo non vuol dire che dobbiamo tutti andare a correre - la corsa è solo uno dei tanti mezzi a disposizione (HIIT, Continuo Variato, Stedy State.. etc)  per aumentare la resistenza aerobica - quello che conta è il metodo e che sia inserito con criterio all'interno della programmazione globale.

    Leggendo quello che abbiamo scritto fino ad ora si capisce che la forza è un meccanismo neuro muscolare, ovvero che quando ci alleniamo in palestra non sono solo i muscoli a subire lo stress ma anche (e soprattutto) il sistema nervoso, da qui ne consegue che entrambe le strutture si adatteranno al carico imposto, di fatto i primi adattamenti che si hanno in questo tipo di allenamento saranno a carico del sistema nervoso centrale e periferico riscontrando un mancato incremento di volume muscolare soprattutto nell'immediato post allenamento (pompaggio muscolare).

    Per rendere il nostro allenamento concorrenziale nei confronti di quello a prova di #gainz dei #BroScientists possiamo sempre lavorare utilizzando tecniche di intensità (superserie e compagnia bella) in esercizi semplici verso la fine della scheda giornaliera.

    Allenarsi con criterio significa anche non abusare dell'intensità intesa come allenamenti a cedimento: già è stato detto che tali allenamenti hanno un ruolo nella scheda ma farne un uso spropositato significherebbe limitare la capacità del muscolo di allenarsi frequentemente, cosa che è consigliabile soprattutto all'inizio, quando i movimenti vanno imparati praticandoli spesso.

    Essere forti significa essere in grado di trasformare lo stress, la pressione, in un'opportunità.

    In natura è la pressione che trasforma il vile carbone in diamante.