domenica 6 ottobre 2013

La fatica neuromuscolare: teoria e applicazioni pratiche.

Protocollo Ministeriale 10

La fatica neuromuscolare: teoria e applicazioni pratiche.

Tra tutti gli aspetti della fisiologia neuromuscolare legata all'allenamento quello che rimane avvolto in un alone di mistero è la fatica.
Chiunque si alleni in con un'intensità decente ne conosce gli effetti sul sistema neuromuscolare ma in cosa consiste la fatica? Secondo Stuart ed Enoka, sottosegretari del Ministero, la fatica neuromuscolare è definita come un acuto decadimento della performance che include sia un incremento della percezione dello sforzo necessario per erogare forza e sia un eventuale abbassamento nella produzione di forza.

Vista la complessità del fenomeno andremo ad analizzare la fatica basandoci su alcuni importanti studi fatti da Enoka, Stuart Zatsiorsky, Duchateau e Todd. Nella parte finale del dispaccio ci sarà una sessione dedica ai metodi pratici per rilevare la fatica del SNC in tempo reale.

Per molto tempo si è pensato che la fatica avesse due origini distinte: una muscolare (periferica) ed una centrale (neurale), fisiologicamente questa divisione netta non esiste perché le alterazioni che coinvolgono una struttura vanno ad influenzare anche l'altra, ad esempio quando un muscolo si affatica ed altera il suo stato metabolico e l'efficienza meccanica il sistema nervoso reagisce di conseguenza grazie alle informazioni inviate dal feedback afferente (le informazioni che i neuroni inviano dal muscolo al SNC).

Il meccanismo di feedback muscolare che informa il cervello dell'insorgere della fatica è affidato ai gruppi di fibre afferenti III (fibre mieliniche di piccole o medie dimensioni) e gruppo IV (fibre amieliniche), tale meccanismo è attivato dai metaboliti della contrazione muscolare (Duchateau, Hainaut. 1993) e ha come effetto l'abbassamento della frequenza delle scariche provenienti dal SNC.

In uno studio del 2006 Martin e colleghi hanno visto che il meccanismo di feedback neuromuscolare opera in maniera diversa a seconda del muscolo preso in esame. Nel loro studio tale feedback veniva stimolato sia nel tricipite brachiale che nel bicipite brachiale con il risultato che, mentre nel primo gruppo muscolare l'ampiezza di scarica diminuiva, nel secondo andava ad aumentare. Preso in considerazione questo studio possiamo dire che la fatica viene gestita dal SNC con strategie che originano dalle connessioni centrali tra muscoli e nei vari gruppi di motoneuroni.

La fatica si manifesta quando i processi fisiologici che permettono alle proteine contrattili di generare forza sono compromessi, questo implica che la fatica è movimento specifica e non esiste una singola causa che la scateni.
La fatica neuromuscolare si manifesta diversamente a seconda del sesso (le donne si affaticano meno degli uomini negli sforzi submassimali)e dell'età (i soggetti giovani sostengono sforzi massimali più a lungo rispetto agli anziani, ed in contrasto i soggetti anziani si affaticano meno dei giovani nell'esecuzione di sforzi submassimali). Alcuni ricercatori hanno evidenziato le cause di queste differenze risiedono, per i giovani, nel meccanismo di accoppiamento\disaccopiamento Ca+ dipendente, e nel caso degli anziani una compromissione nella propagazione neuromuscolare. La minore affaticabilità delle donne deriva dal fatto che queste ultime attivano meno massa degli uomini (più massa viene attivata maggiore è la pressione intramuscolare e, di conseguenza, di occlusione dei vasi sanguigni) e fanno meno affidamento sul metabolismo glicolitico (Russ et al. 2005).

Una delle cause maggiori dell'insorgere della fatica in contrazioni con % di RM molto alte è il declino del grado di attivazione volontaria dei muscoli, questo declino ha origine nell'area motoria ed è stato evidenziato grazie all'impiego della stimolazione magnetica transcranica (Todd, Taylor, Gandevia. 2003).

L'insorgere della fatica inoltre riflette anche la popolazione di fibre di un muscolo è composto, un muscolo a maggioranza di fibre rosse sarà meno affaticabile nei compiti che richiedono uno sforzo submassimale.
Nella descrizione della fatica data dai sottosegretari rientra anche il meccanismo di protezione dato dal riflesso da stiramento e dal controllo operato dai interneuroni inibitori (Renshaw e affini) la cui azione è descritta nel dispaccio sul sistema nervoso.

Una delle cause della fatica è ricercabile anche nella giunzione neurmuscolare prevenendo  la trasmissione dell'impulso neurale alla membrana della fibra muscolare. Questo meccanismo di fatica coinvolge uno o più processi:

  • La riduzione nella produzione di Acetilcolina (ACh), il neurotrasmettitore che invia l'impulso di contrazione dal nervo al muscolo.
  • L'enzima che degrada l'ACh (il Colinesterase) diventa iperattivo evitando una concentrazione sufficiente di ACh per stimolare un impulso.
  • Il Colinesterase può divenire ipoattivo permettendo l'accumulo di ACh  inibendo il rilassamento.
  • La membrana muscolare, in seguito ad una attivazione prolungata, può sviluppare un soglia di attivazione più alta.
  • Alcune sostanze occupano i recettori dell' ACh senza stimolare la membrana.
  • La deplezione di potassio diminuisce il potenziale di membrana della metà rispetto a quello che si ha in riposo.
  • Accumulo di calcio nel reticolo sarcoplasmatico in seguito a bassa disponibilità di PCr.
Molte di queste cause sono associate a casi patologici di Miastenia Gravis, ma possono essere presenti anche in stati non patologici di fatica neuromuscolare.

Forza per sopravvivere

Come abbiamo affermato precedentemente è molto difficile discriminare sia la fatica periferica da quella centrale che la fatica muscolare da quella del sistema nervoso perché i due sistemi sono influenzati a vicenda.
Basandoci su quello che è stato illustrato sopra è chiaro che l'affaticamento è compito-specifica, ovvero che dipende in gran parte dalle catene cinetiche e dalle vie neurali che si stanno impiegando in quel dato momento.
Lieber e colleghi hanno evidenziato che la capacità di sostenere contrazioni per lungo tempo cambia da muscolo a muscolo, per esempio i flessori del polso risultano molto più forti e resistenti degli estensori del polso, questa particolarità aumenta l'efficienza della forza della presa dalla quale è sempre dipesa la sopravvivenza dell'uomo.

Meccanismi di ridondanza

Rimanendo in tema di meccanismi di sopravvivenza Zatsiorsky e colleghi hanno evidenziato in uno studio del 2010 che in caso di affaticamento marcato di muscoli molto importanti come i flessori delle dita il SNC mette in atto tutta una serie di meccanismi in grado di portare comunque avanti il compito, questa resilienza dell'organismo è stata definita come Configurazione Referente (RC). L'RC consiste in uno stato di equilibrio in cui tutti i muscoli del corpo sono in uno stato di non attivazione (zero activation level), qualsiasi forza esterna (gravità, resistenze solide) ed interna (forma delle articolazioni, biomeccanica) porta ad una reazione del SNC il quale mette in atto strategie seguendo un ipotetica gerarchia composta da set di istruzioni superiori che operano su elementi periferici al fine di stabilizzare la performance.
Un esempio molto blando di RC ce lo da lo studio di Hunter, Critchlow e Enoka del 2004: durante sforzi prolungati si è visto che l'attività elettromiografica (monitoraggio dell'attività elettrica del muscolo)  ha dei picchi, questi picchi sono dovuti al reclutamento transitorio di altre unità motorie per permettere il mantenimento del compito.

Dalla teoria alla pratica. A scuola dai Russi

Nel 1961 il coach Dyachkov sviluppò un metodo molto semplice per tenere sotto controllo lo stato di affaticamento del SNC: testare la forza della presa.
Dyachokov testava giornalmente la presa del suo atleta di punta (Valery Brumel, saltatore) e quando risultava più forte del solito somministrava al suo pupillo allenamenti molto intensi, al termine della sessione massacrante la forza della presa subiva un forte calo. Dopo qualche giorno la tensione generata dalla mano tornava a salire allora il coach programmava un'allenamento più leggero del precedente andando di nuovo a sopprimere la forza della presa.

La gestione della fatica del SNC è sempre stato l'elemento più importante nella pianificazione degli allenamenti per i coach dell'Ex Unione Sovietica.

Naturalmente la forza della presa non è l'unico test che possiamo somministrare ai nostri atleti, di seguito mostriamo tutti i test usati qui al Ministero Della Forza:
  • la forza della presa: il coach Ozolin ci consiglia l'uso di un dinamometro a mano (reperibile su Ebay) si esegue il test in condizioni standardizzate (stessa mano, stessa ora del giorno e con stessa postura) e di riposo quasi tutti i giorni. Indaga sull'ampiezza di scarica dei neuroni
  • Tapping digitale o podalico: ci sono applicazioni per i dispositivi touch screen che non fanno altro che contare il numero di "tocchi" fatti in 5 o 10 secondi. Stesso protocollo del precedente, 2/3 test a settimana per vedere lo stato della frequenza di scarica del SNC
  • Salto verticale: misurare l'altezza del salto verticale previo massimale. Questo test richiede sia un'attrezzatura costosa (pedana di bosco, dimenticatevi in Sargent test) che una buona conoscenza del movimento di salto da parte del soggetto (al fine di standardizzare tutte le variabili).

Naturalmente il singolo valore di ognuno di questi test potrà dirci ben poco sullo stato del nostro sistema nervoso, tutto dovrà essere riassunto su un bel foglio excel per poterne monitorare l'andamento a medio termine. 

Un allenamento ben portato a termine influirà sulla forza della presa di 1 o 2 kg, un decremento più alto indica un eccessivo carico di lavoro, un recupero insufficiente, un sistema nervoso affaticato o l'entrata in una fase precoce di sovrallenamento.

Possiamo sfruttare queste fluttuazioni del SNC per indurre un picco proprio nel giorno di gara. Si è visto che i picchi di performance del SNC possono essere indotti per 5/7 giorni consecutivi con carichi all'85-90% e volume molto basso. Naturalmente andare oltre i 7 giorni potrebbe indurre un "burnout" del sistema nervoso, condizione da evitare assolutamente.

Naturalmente se lo sport praticato richiede proprio la forza della presa questo valore non risulta affidabile e perciò ci dobbiamo affidare ad altri test (tapping o salto verticale).

Saggezza rossa.

Pavel Tsatsouline, citando il gotha della scienza sovietica, ci viene in aiuto con una lista di "to-do" prima di una competizione importante.
  1. Non riposare per più di 24 ore prima di una gara (cercare il picco e mantenerlo come descritto 2 paragrafi sopra)
  2. fare un riscaldamento specifico nelle 24 ore precedenti la gara.
  3. sempre nelle 24 ore precedenti la gara fare un allenamento leggero al 70-80%.
  4. La forza della presa / eccitamento del SNC aumenta fino a 2 / 3 giorni dall'arrivo nella città/stato di gara. Viaggiare aumenta l'eccitazione del sistema nervoso.
  5. Gli stati d'animo influiscono sulla forza della presa e può durare alcuni giorni. Ozolin dice: alla fine è l'atleta ed il suo modo di interpretare gli eventi (decisioni, pensieri) che altera il livello di eccitazione del SNC.
  6. Non allenarsi duro dopo una competizione persa, solo allenamenti leggeri per alcuni giorni.
  7. stati di eccitazione notturna pre gara (notte insonne il giorno prima della competizione) creano uno stato di eccitazione positiva per la perfomance, naturalmente se lo stato di insonnia diventa cronica la compromissione della perfomance risulterà grave.
Naturalmente la ricerca dell'eccitabilità massima prima di una gara è molto utile negli sport del "tutto subito fuori" come weightlifting, powerlifting, discipline di corsa a brevi distanze e salti ma da evitare assolutamente in sport dove è importante dosare le energie come il girevoy sport (kettlebell), maratone e sport di endurance vari.

La manipolazione dell'eccitabilità del SNC è tenuta di gran conto da moltissime autorità dello sport mondiale come Bondarchuk, Sheiko, Issurin e il più volte citato Ozolin.

Monitorare la fatica con markers metabolici

Secondo Viru e Zhimkin (1975) separano il concetto di fatica da quello di esaurimento dando vita alla "teoria della difesa", tale teoria ha come cardini i seguenti punti.
  •  il corpo non utilizza tutte le sue riserve di energia
  • l'uso di queste "riserve estreme" è protetto da una speciale barriera profondamente connessa con i processi della fatica.
  • la fatica precede l'esaurimento delle riserve di energia del corpo e pone fine al lavoro prima che un grave esaurimento si manifesti.
La funzione della fatica neuromuscolare è quella di evitare una deplezione totale delle riserve di energia nelle cellule e nel corpo. Il ruolo protettivo della fatica è compiuto grazie a 3 tipi di reazioni difensive:
  1. L'influenza sul lavoro della sensazione di stanchezza.
  2. Disconessione parziale dal muscolo dei motoneuroni grazie all'inibizione protettiva dei nervi o cambiamenti nella cellula muscolare.
  3. Inibizione dei meccanismi di mobilitazione di risorse metaboliche (Viru 1975)

L'azione di questa funzione protettiva è organizzata a livello centrale dove vengono attuati cambiamenti nelle funzioni regolative che inibiscono la mobilitazione alterando la funzione dei neuroni serotoninergici presenti nell'ippocampo.
Questi neuroni sono noti per causare l'inibizione della secrezione ipotalamica di corticoliberina. La conseguente attività ridotta delle ghiandole surrenali limita l'azione catabolica dei glucocorticoidi (es: cortisolo) durante gli esercizi prolungati, simultaneamente decresce anche la secrezione di adrenalina (Matlina 1978) e, di conseguenza,  viene ridotta la glicogenolisi nel tessuto muscolare e la lipolisi nelle cellule adipose. Tale cascata di eventi porta all'insorgere della fatica anche per mancata di nutrienti presenti nel sangue.

Secondo Viru, un possibile marker metabolico della fatica periferica lo troviamo nei livelli di ione potassio (K+) nel sangue, l'incremento di questo ione nel sangue è la conseguenza dell'aumento di acqua nel muscolo e ciò disturba il funzionamento della pompa sodio-potassio (Na+-K+) responsabile della  ridotta eccitazione della membrana post-sinaptica (muscolare).
Altri markers della fatica che si possono trovare nel sangue sono: Urea, ammonica, lattato, creatin kinase, ipoglicemia e abbassamento del Ph sanguigno.

Uno dei principali protagonisti della fatica neuromuscolare rimane l'abbassamento della secrezione di corticosteroidi (Burgard. 1961; Viru, 1977; Kassil, 1978). In molti studi si è monitorata la risposta ormonale alla fatica: dopo un esercizio aerobico di durata media aumenta la concentrazione di corticosteroidi e ormone della crescita mentre il testosterone non subisce alterazioni. Differenze sostanziali si avvertono dopo un allenamento aerobico strenuo dove la concetrazione di glucocorticoidi decade ed insorge la fatica. Da questo ne possiamo dedurre che la fatica insorge anche per l'alterazione dell'asse Ipotalamo-Surrene.

Monitorare questi valori è fondamentale all'interno della programmazione perché ci da un ottimo feedback sulla reazione dell'atleta, questo rientra nella "programmazione cibernetica" discussa nel protocollo ministeriali sulla programmazione.

Quando si parla di "affaticamento del SNC" le cause non vanno cercate solo a livello centrale ma, come abbiamo visto all'inizio del post, anche a livello periferico, quindi, per ottenere il massimo dal nostro sistema nervoso, è fondamentale non solo gestire l'intensità ed il volume delle sedute allenanti ma anche l'alimentazione e gli stati d'animo.

Bibliografia.
  • Neurobiology of muscle fatigue.Enoka RM, Stuart DG.J Appl Physiol (1985). 1992 May;72(5):1631-48.
  • The neurobiology of muscle fatigue: 15 years later.Benjamin K. Barry and Roger M. Enoka.Department of Integrative Physiology, University of Colorado at Boulder, CO, 80309-0354, USA.
  • Muscle fatigue: what, why and how it influences muscle function.Roger M Enoka and Jacques Duchateau.J Physiol. 2008 January 1; 586(Pt 1): 11–23.Published online 2007 August 16.
  • Easy Strength.Pavel Tsatsouline, Dan JohnDragon Door Publishing, 2012
  • Measurement of voluntary activation of fresh and fatigued human muscles using transcranial magnetic stimulation.Gabrielle Todd, Janet L Taylor and S C GandeviaPrince of Wales Medical Research Institute and the University of New South Wales Sydney 2031, Australia.
  • Influence of aging on sex differences in muscle fatigability.Sandra K. Hunter, Ashley Critchlow, and Roger M. Enoka.Exercise Science, Department of Physical Therapy, Marquette University, Milwaukee, Wisconsin 53201; and Department of Integrative Physiology, University of Colorado at Boulder, Boulder, Colorado 80309.
  • Unilateral grip fatigue reduces short interval intracortical inhibition in ipsilateral primary motor cortex.Takahashi K, Maruyama A, Maeda M, Etoh S, Hirakoba K, Kawahira K, Rothwell JC.Clin Neurophysiol. 2009 Jan;120(1):198-203. doi: 10.1016/j.clinph.2008.10.003. Epub 2008 Nov 22.
  • Post-exercise depression in corticomotor excitability after dynamic movement: a general property of fatiguing and non-fatiguing exercise.Teo WP, Rodrigues JP, Mastaglia FL, Thickbroom GW.Exp Brain Res. 2012 Jan;216(1):41-9. doi: 10.1007/s00221-011-2906-6. Epub 2011 Oct 29.
  • Decreased activation in the primary motor cortex area during middle-intensity hand grip exercise to exhaustion in athlete and nonathlete participants.Shibuya K, Kuboyama N.Percept Mot Skills. 2010 Aug;111(1):19-30.

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